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Presentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui Comuni

Un nuovo patto tra Comuni, Stato nazionale e Comunità europea

La relazione dell'assessore Pier Paolo Baretta

Il rapporto che presentiamo, oggi, è la settima edizione di una importante serie di ricerche sui Comuni, curata dal professore Marcello Degni, con l’Università Ca Foscari di Venezia. Ciò che traspare, sin dalle prime pagine del volume (la introduzione; i saggi di Degni e, in particolare, di Andrea Ferri), è una preoccupazione, direi quasi un’ansia, per i processi generali di cambiamento dello scenario geopolitico e macro economico, che fanno da sfondo e ormai condizionano la nostra quotidianità.
Preoccupazione che va ben oltre, e opportunamente, al carattere molto specialistico degli scritti, e che, per essere stata redatta ormai qualche mese fa, quasi anticipa le difficoltà che oggi, alla luce degli ultimi avvenimenti internazionali, ci appaiono drammaticamente evidenti. Perché Marcello, Andrea e gli altri curatori l’hanno… “presa larga” per arrivare a parlare, con grande competenza tecnica, di questioni che, ai non addetti ai lavori appariranno noiose, ma che sono la ossatura di quella che ho più volte definito la “cultura del bilancio”, che è ben di più della somma dei numeri e delle regole che lo compongono. Perché l’effetto di questa crisi globale è la incertezza, il disorientamento delle persone e delle comunità, il bisogno di riferimenti certi.
Chi, come noi, é convinto che la risposta sta nell’affermazione di una visione partecipativa della democrazia, constata che, nell’assenza di una solida governance globale, nei limiti evidenti degli Stati nazionali, nella debolezza di una prospettiva europea (che ci appare invece sempre più indispensabile), occorre consolidare i luoghi e le sedi della prossimità, della sussidiarietà. Non come rifugio, ma come prospettiva.
I territori sono i luoghi; la rete istituzionale ed associativa che dà vita alle relazioni comunitarie sono le sedi.
I comuni sono al centro di questa rete comunitaria. “Potenziare il comune (scrivono gli autori) significa consolidare un argine, utilissimo in tempo di esondazioni, non solo materiali, come quello che stiamo vivendo”.
Se questa prospettiva é condivisa, bisogna, allora, mettere i Comuni nelle condizioni di svolgere questo compito.

Tre ambiti fondamentali.

Sono sostanzialmente tre gli ambiti nei quali tutto ciò si verifica (e sono l’oggetto prevalente dei saggi contenuti nel volume):
1. gli investimenti, cresciuti sensibilmente in questi anni e che hanno trovato nel PNRR un canale copioso, ma tormentato. Che, però, ha proposto una filosofia e delle regole, anche contabili, innovative. Peraltro, proprio lo stato avanzato della realizzazione dei progetti del PNRR gestiti dai comuni comprova l’erroneità del pregiudizio sulla efficacia operativa degli Enti locali.
2. la spesa corrente che, come riferisce la ricerca, subisce nuovi vincoli restrittivi che aumentano le difficoltà dei comuni a far fronte alle loro responsabilità;
3. la qualità della macchina amministrativa che si misura, quotidianamente con i ritardi nella strumentazione più moderna, i vincoli assunzionali e altre molteplici varianti.

Tutti e tre questi aspetti hanno, evidentemente, a che fare con gli equilibri di bilancio.

Un equilibro sempre più precario.

Ed é da questo che bisogna partire. Oggi questo equilibrio, nella accezione più corretta dell’art. 81 della Costituzione, che non a caso ha escluso il termine “pareggio” a favore di ”equilibrio”, é precario. Per più fattori:
• per la scarsità di risorse a disposizione;
• per i vincoli normativi crescenti;
• per un approccio centralista che caratterizza buona parte della Pubblica Amministrazione ministeriale:
• per la frantumazione eccessiva dei Comuni;
• per il federalismo incompiuto;
• per una sorta di pregiudizio sulle capacità operativa dell’Ente locale.

Il quadro di riferimento dentro il quale si muovono, oggi, i comuni parte da un peggioramento della capacità redistributiva dello Stato. La scarsità di risorse statali si presenta come un dato oggettivo, a partire dalle condizioni pesanti del bilancio nazionale, oppresso dal debito; dalle nuove priorità legate al mutato scenario globale (dalla sicurezza ai dazi), in una situazione di scarsità della crescita (é di un paio di giorni fa il dato di contrazione del Pil, sotto le aspettative). Al contempo, le spese a carico dei comuni crescono, in dimensioni talvolta esponenziali, su argomenti di interesse generale. Si pensi al welfare, dagli asili alla assistenza dei minori; al personale, per il quale, peraltro, i comuni sono sottoposti alla concorrenza interna alla PA a causa del divario retributivo esistente con le città metropolitane e, soprattutto, le Regioni; si pensi alla esplosione turistica che, fortunatamente, coinvolge molte città italiane, ma le cui conseguenze in termini di accoglienza, decoro e pulizia urbana si riversano sul bilancio comunale, senza un vero corrispettivo, soprattutto a causa del fenomeno sempre più diffuso del turismo giornaliero. Si pensi, anche alla nuova qualità della spesa: dopo il Covid, che ha visto uno Stato presente anche nel sostegno agli Enti locali, le nuove emergenze sono state affrontate tutte, prevalentemente in maniera diretta, dai comuni. Il picco energetico si é allentato, ma la soglia é rimasta alta; i mutamenti climatici stanno proponendoci nuove, inedite, voci di bilancio (dalla siccità alle alluvioni); le spese indirette, che il PNRR non finanzia, ma collegate alla realizzazione delle opere o al loro avviamento.

In questo quadro contraddittorio: meno risorse statali, più spese locali; é necessario porsi il problema della divisione della torta e della composizione dei suoi ingredienti.

Mi spiego. Il dibattito sulla compartecipazione dei comuni alle entrate statali é aperto, ma fatica ad approdare ad un esito. Abbiamo parlato di turismo. La Tari, per come é costruita, é uno strumento obsoleto; alla fin fine iniquo verso i cittadini residenti sui quali grava tutto il costo del servizio e non é compensata dalla tassa di soggiorno, che peraltro non può essere aumentata indiscriminatamente. Allora, la compartecipazione, ad esempio, all’Iva (o ad altre entrate centrali) é una strada da approfondire. Conosciamo bene l’obiezione sulle coperture necessarie; ma la questione é proprio questa: la compartecipazione non é tanto una variante contabile ai pochi trasferimenti, ma una filosofia dei rapporti: la condivisione di una comune prospettiva.

Arriviamo, così, direttamente al punto.

Per risolvere il quesito da cui siamo partiti: mettere i comuni in condizione di assolvere al compito di promuovere la coesione sociale, attraverso scelte che migliorano la qualità della vita dei cittadini, bisogna compiere un atto di fiducia e scommettere sugli amministratori locali, sulla loro responsabilità. Bisogna, cioè, cambiare paradigma!

Non c’é nulla di estemporaneo o eversivo in quanto sto dicendo…

Noi siamo un esempio di questo cambio di paradigma. Il “Patto per Napoli” rappresenta una interessante, riuscita, sperimentazione di questo nuovo approccio al rapporto tra Stato ed Enti locali. A tre anni, in questi giorni, dalla firma, si sta consolidando l’opinione che la strada della condivisione delle responsabilità, in un’ottica paritaria, paga.Stato e comuni sono partner, giocano la stessa partita.
Le risorse statali che abbiamo ottenuto, senza le quali dubito che staremo qui, oggi, a presentare il libro, hanno trovato un corrispettivo negli atti decisi dal Comune nell’ottica del risanamento.

Ma il contesto generale é ancora lontano dalla logica che col Patto si sta affermando. I bilanci comunali sono, tutt’ora, sottoposti ad un carattere autorizzativo, fondato su un complesso di regole finalizzate ad evitare e prevenire gli errori o gli sprechi: Insomma, tenerei comuni… sotto tutela!Al contrario, si tratta di consentire ai comuni di autogestirsi, con maggiore responsabilità, le proprie opportunità e, anche, le proprie difficoltà.
Non sto proponendo nessuna anarchia. Regole e controlli sono necessari. Ma, da un lato, i controlli possono essere tanto piu stringenti, quanto avvengono a posteriori (Il Patto prevede dei rigorosi controlli a consuntivo…, ma un consuntivo molto breve, ogni sei mesi… spettano, però, a noi le scelte per fare al meglio i compiti per casa… ); dall’altro é necessario che le regole di contesto consentano una adeguata flessibilità gestionale.

Pensiamo al Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità. Una regola che, in generale, io condivido, considerandola una norma anti suicidio. Ma, non tutti vogliono suicidarsi. Eppure la regola é fondata su questo presupposto, senza distinguere tra virtuosi e non. I problemi della riscossione non dipendono solo dalla virtuosità. Ma, quand’anche fosse così, nel nostro caso, che, in tre anni, abbiamo ridotto di oltre 1 miliardo la nostra esposizione finanziaria, tra disavanzo e debito e, in un anno, abbiamo recuperato 115 milioni di mancata riscossione e… “reclutato” circa 10 mila nuovi contribuenti Tari, abbiamo, comunque, oltre 300 milioni di FCDE.L’Anci, Manfredi, ha posto al governo il problema di poter calcolare gli effetti positivi del miglioramento delle entrate almeno l’anno successivo e non, come ora, ben tre anni dopo.

Ma vediamo altri due esempi, sempre collegati, ovviamente, alla nostra esperienza. Nel 2022 ci é capitato che, per merito delle risorse del Patto per Napoli e della accorta politica di bilancio, ma, soprattutto, per una riuscita operazione di transazione, operata dal Sindaco, relativa all’area di Bagnoli, abbiamo prodotto un maggior avanzo di qualche decina di milioni, che però, per le regole vigenti, essendo noi un Ente in piano di rientro (peraltro, ora, approvato dalla Corte dei Conti), non abbiamo potuto utilizzare, non dico per la spesa corrente, ma nemmeno per gli investimenti e, nemmeno, per abbattere ulteriormente il disavanzo dell’anno. Sempre in tema di avanzo, quello vincolato é sottoposto ad un tetto annuale che, soprattutto in presenza di importanti quote di PNRR, risulta troppo basso. Anche qui, perché non esentare dal tetto le risorse destinate, ad esempio, al pagamento dei debiti?

In conclusione: serve una riforma!

Scrive Marcello Degni, assieme a Colombini e Manzetti: “Semplificazione, decodificazione, composizione del conflitto sono le direttrici profonde da perseguire per un bilancio equilibrato e consistente, premessa per la soddisfazione dei bisogni della collettività”.

Non partiamo da zero: le nuove regole di contabilità dei comuni da poco avviate; quelle proposte dalla gestione del PNRR° il Tuel; i patti territoriali, la fiscalità locale sono, oltre agli esempi prima riportati ed altri ancora, che non ho tempo di elencare, gli ingredienti di una riforma necessaria. E, come si vede, le possibilità di intervento, senza sconvolgere l’equilibrio del comparto o della finanza pubblica, ma assicurando maggiore autonomia ai comuni, nell’esercizio della lororesponsabilità, sono molte. Ma, ciò che serve, per riuscirci, é la convinzione e la volontà di costruire un nuovo patto tra comuni, Stato e Comunità europea, fondato sulla fiducia e la cooperazione.
Presentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuniPresentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuniPresentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuniPresentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuniPresentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuniPresentazione del VII rapporto Ca Foscari 2024 sui comuni
 
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