Tracciare un excursus sull'evoluzione del verde ad uso pubblico nella città di Napoli richiede di essere correlata alle vicende storiche della città e del territorio che la circonda. I caratteri naturali dei luoghi assumono forma e significato nei rapporti che si stabiliscono di volta in volta con i fenomeni di antropizzazione. In ambito napoletano, è solo a partire dal medioevo, con la nascita dell' hortus conclusus, che si possono individuare i primi esempi di giardini slegati dalla tradizionale funzione agricola. Si tratta di un giardino ricco di specie arboree, delimitato da alte mura e dotato di un accesso indipendente. Fino al Rinascimento e così anche in epoca barocca, il giardino si presenta ancora cinto da mura e suddiviso in molteplici settori.
Nel periodo che va dal 1734 al 1799 a Napoli si instaura la monarchia indipendente borbonica, con Carlo, cui succede nel 1759 Ferdinando IV. In quest'arco di tempo si gettano le basi per un nuovo paesaggio e un nuovo rapporto tra scena urbana e scena rurale. Re Carlo è ben consapevole del valore dei parchi in termini di prestigio e di stimolo all'economia, da qui anche la decisione di costruire il Bosco di Capodimonte (1734) che, insieme alla Reggia di Caserta i cui lavori cominciarono nel 1752, diventano il segno di una rinnovata strategia di sviluppo urbano contrapposta al disordinato sviluppo dei secoli precedenti.
Il vasto programma che porta alla realizzazione dei siti reali prende spunto da una mutata visione del rapporto tra la città e i suoi dintorni. La presenza nei dintorni della città di ampie riserve boschive, di laghi e di zone palustri che ospitano una fauna numerosa e varia, dà luogo alla formazione di un sistema di aree riservate alla caccia per il sovrano e per la sua corte; luoghi di grande amenità che prenderanno il nome di siti reali, come il cratere degli Astroni, la conca di Agnano, il litorale di Licola, Cardito e Carditello, il lago Fusaro, Capodimonte.
Altra importante realizzazione è la Villa Reale di Chiaia negli anni 1778/1780, nata come giardino per il "real passeggio" dei nobili e nella quale inizialmente risulta vietato l'accesso al popolo; la Villa sarà "aperta al pubblico" solo nel 1860, istituendo così il primo vero "giardino pubblico" di Napoli. Nell'Ottocento si definiscono i caratteri di un nuovo modello d'insediamento: la villa. La nobiltà si trasferisce sulle colline e nei luoghi tanto celebrati dai vedutisti. Ciò assegna un nuovo carattere ai sobborghi cittadini. Nel '900, con l'incremento demografico, la città si espande in nuovi quartieri come il Vomero, Fuorigrotta. Nel ventennio fascista viene istituito il Parco Virgiliano.
Oggi parchi e giardini urbani rivestono un significativo ruolo nel contesto cittadino, svolgendo l'importante funzione di connessione fra individui e natura; essi favoriscono la socialità e collaborano al benessere psico-percettivo. In seguito al terremoto del 1980 le scelte progettuali riguardanti i piani urbanistici di Napoli sono mutate, in quanto son destinate a verde aree molto estese, soprattutto in periferia, al fine di ripristinare gli equilibri tra popolazione e territorio. Le nuove politiche di riqualificazione e difesa del verde adottate dall'Amministrazione Comunale portano anche al recupero di numerose aree degradate, sia attraverso la Variante di Salvaguardia al Piano Regolatore e relative modifiche, sia tramite l'Ordinanza Sindacale n. 1243 del 29.06.2005, relativa alla salvaguardia degli alberi. Il nuovo sistema urbano si configura così come una "rete" di spazi che, benché quantitativamente sufficiente, richiede di essere continuamente valorizzata al fine di soddisfare l'ampia domanda della collettività.