I sotterranei sono formati da due ambienti posti nello spazio sottostante alla Cappella Palatina: l'uno chiamato "fossa del miglio" ma conosciuto più comunemente come "fossa del coccodrillo", l'altro denominato "prigione della congiura dei Baroni".
La "fossa del miglio" era il deposito del grano della corte aragonese, ma venne utilizzata anche per rinchiudervi i prigionieri condannati a pene più dure. Un'antica leggenda racconta che i prigionieri scomparivano misteriosamente; aumentata la vigilanza non si tardò a scoprire la causa delle sparizioni: da un'apertura entrava un coccodrillo che azzannava i prigionieri alle gambe e li trascinava in mare. Al rettile, giunto dall'Egitto seguendo una nave, furono per qualche tempo gettati coloro che si volevano mandare a morte senza pubblicità.
Per uccidere il coccodrillo si usò come esca un'enorme coscia di cavallo; una volta morto, l'animale venne impagliato ed appeso sulla porta d'ingresso al Castello. In realtà non si tratta che di una leggenda che ripropone un motivo largamente diffuso nella novellistica popolare di tutti i paesi, quello dei prigionieri divorati da un coccodrillo, da un serpente o da altri mostri, che questa volta viene adattata al Castello napoletano. Al secondo ambiente si accede attraversando un angusto passaggio, delimitato a destra da una scala a chiocciola in tufo, che conduce alla sovrastante Cappella Palatina.
Agli occhi dei visitatori si presentano quattro bare senza nessuna iscrizione, contenenti delle spoglie mortali, forse quelle dei nobili che avevano partecipato alla congiura dei Baroni nel 1485. Dalla descrizione fatta dal De La Ville Sur-Yllon nel 1893 risulta che i cadaveri erano vestiti secondo la moda del Quattrocento e che uno di questi, forse un prelato, era stato ucciso per soffocamento.
Altri spazi del Castello un tempo adibiti occasionalmente a prigione sono i sotterranei della Torre dell'Oro, della Torre di Guardia e della Torre di San Giorgio.
testi di Rosalba Manzo