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Ombre

Mostra di Armando De Stefano a cura di Mimma Sardella

Dal 19 maggio al 25 giugno 2017 al PAN. Vernissage, 19 maggio 2017 ore 17.30

In collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli

Ombre, titolo della mostra, è il corpus delle opere esposte, un nucleo di circa trenta tele dove è chiara l'ispirazione a Jorge Luis Borges, nativo di Buenos Aires e morto a Ginevra nel 1986.
Dell'autore argentino Armando De Stefano confessa di aver letto tutto. Scrive Mario Franco nel saggio in catalogo: "Le coincidenze tra la poesia di Borges e la pittura di De Stefano non sono solo formali. Entrambi pensano all'"Esistenza" come a un cerchio che dal visibile porta verso l'Invisibile, dalla concretezza alla sua ombra, che è anche ricordo, immagine, sogno, in un gioco di prossimità e lontananza.
Borges diventa per De Stefano il suo vate; lo affascina la sua scrittura ancor più la filosofia che la permea, fino ad aderire con la sua personale poetica di artista alla visione di un mondo inafferrabile - da cui il titolo Ombre - dipingendo veri e propri topos pittorici densi di effetti, come immedesimandosi nel vissuto del poeta, affetto da una grave malattia che progressivamente lo portava alla cecità. Rinasce così il mito di Democrito che identifica con il poeta. La tela "Borges e i suoi compagni" ne è esempio emblematico; rivela il pathos dell'impianto scenico, una vera pièce teatrale, dove Borges, accecato tuttavia vigile, bastone nella mano, volge verso di noi che lo guardiamo con antico virgiliano sentimento di pìetas, lo sguardo vuoto di pupille, in atteggiamento quasi di sfida. Le tele che Armando de Stefano dipinge sono tutte abitate da uomini, sofferenti giganti che abitano una terra a dir poco inquieta. Appaiono caratterizzati da strani copricapi, che siano essi tube o cappelli a falda larga piuttosto che bisce arrotolate sul capo oppure rigidi elmi  rilucenti, tutte le sue opere sottendono sempre volti di uomini sapientemente disegnati, dai sicuri contorni, i nasi evidenti ed arguti, come pure le bocche; sempre Armando De Stefano si mostra padrone assoluto del disegno come dei colori che usa, a contrasti rapidi che danno luce alle tele e che raramente sfumano cercando adesione nell'altro per ricomporsi amalgamando i pigmenti. Anche nei colori si evidenzia la sua cifra netta, senza compromessi: ogni pennellata è unica e visibile, progettata né mai azzardata.
La mostra si compone oltre al ciclo Ombre di altri due cicli:
Porta di Stabia, dedicato ad Amedeo Maiuri, archeologo e docente indimenticabile. Dieci tele che sono un inno alla memoria, come la "La flagellata" dal rosso fondo pompeiano che torna in "Morte a Capua", in cui il protagonista, ammantato dal purpureo mantello con l'elmo che ne incornicia il volto appena accennato, un vero simbolo della figura di condottiero, come vuole che sia ricordato il suo amico, grande studioso dell'antico.
La terra infetta, un breve ciclo di sei acrilici dedicati al mondo che distruggiamo. Inizia dall'opera "Storia di una balena sepolta 1931" e ne contiene un'altra "La pieve distrutta e la fuga dei draghi" con la dedica al mio
fraterno amico Raffaele Lippi , al quale fu molto unito negli anni difficili dell'immediato dopoguerra.
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