Se provassimo a blasonare cioè a descrivere lo stemma civico utilizzando il linguaggio convenzionale dell'araldica, il risultato sarebbe: "Troncato d'oro e di rosso" che, tradotto in linguaggio corrente, indica uno scudo (in questo caso di tipo sannitico) diviso in due parti orizzontali di uguale altezza, quella superiore colorata d'oro e l'altra di rosso.
Gli scrittori di storia locale hanno elaborato svariate ipotesi sulle remote origini dello stemma della città: c'è chi ha affermato che i colori ricordano quelli adottati per i vessilli che accolsero in città l'imperatore Costantino e sua madre Elena (324 d.C.) oppure chi ha asserito che l'oro ed il rosso simboleggiano il culto dei nostri antichi concittadini per il sole e la luna (all'obiezione che il rosso certamente non rappresentava il colore dell'astro notturno, alcuni replicarono spingendosi a sostenere che la calda tonalità cromatica ricordava quella assunta dalla luna quando, all'alba, "è velata dai vapori che la terra emana"!).
Queste non furono le sole ipotesi avanzate. Si disse, infatti, che quei colori erano il simbolo della "generosa nobiltà" della città di Napoli o che erano ispirati a vittoriose battaglie combattute all'epoca del Ducato indipendente (755-1027); tutte quelle supposizioni vennero stroncate autorevolmente dall'insigne storico Bartolommeo Capasso (Napoli, 1815-1900) che sentenziò: "le loro congetture non hanno fondamento alcuno".
Nel corso dei secoli, adattato all'avvicendarsi delle dominazioni o al cambiamento delle regole di governo della città, lo stemma ha subito numerose aggiunte e variazioni.
All'epoca della rivolta di Masaniello (1647), nel centro dello scudo fu posta una lettera P quale simbolo della supremazia del popolo (in tal modo, però, si rese lo stemma civico assai simile a quello del Sedile del Popolo); poi la lettera che temporaneamente occupò la parte centrale dello scudo fu la C (Civitas).
Dal 1866 si abbandonò anche l'uso di sovrapporre allo stemma cittadino una corona ducale, antico privilegio concesso alla città, per sostituirla con una corona turrita simbolo araldico di "volontà di libertà e di indipendenza municipale".
Durante il fascismo lo stemma fu uniformato alle norme stabilite da due Regi Decreti: dal 1928 lo scudo del Comune venne "accollato" (accostato da un lato) al fascio littorio mentre dal 1933 il fascio littorio fu posto "in capo" (la parte alta del campo dello scudo) nello stemma.
Caduto il regime e cancellati i suoi simboli, lo stemma civico tornò ad essere rappresentato nella versione che oggi conosciamo.
Bernardo Leonardi
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