Nei secoli passati, al sovrano o al condottiero che entrava trionfalmente in città, magari dopo averla conquistata con i mezzi della politica o con la forza delle armi, venivano offerte delle chiavi simboliche; era un segno di sottomissione e di deferente saluto che i rappresentanti del governo cittadino offrivano al signore di turno, secondo le regole di un antico cerimoniale.
Dell'oggetto protagonista di tali offerte simboliche vi sono due esemplari custoditi in un quadro-medagliere esposto al secondo piano di Palazzo San Giacomo. Le due chiavi, probabilmente risalenti al XIX secolo, sono rivestite da una doratura ben conservata e collocate in modo speculare tra loro.
L'anello di ciascuna delle chiavi è costituito da un serto di foglie di quercia e di alloro, interrotto, in alto, da una corona mentre nello spazio interno vi è un cavallo "sfrenato", simbolo utilizzato spesso per rappresentare la città di Napoli. L'attaccatura dell'anello al gambo è costituita da uno scudo sul quale è inciso, in corsivo maiuscolo a lettere intrecciate, il monogramma CDN (Città di Napoli). L'aletta terminale, in gergo tecnico chiamata scontro, presenta un traforo vagamente a forma di croce "potenziato" da quattro piccole croci greche cioè a braccia uguali.
La cerimonia dell'offerta delle chiavi quale modo per rappresentare convenzionalmente l'assoggettamento della città e del suo governo, è strettamente connessa agli antichi significati simbolici legati a questo oggetto che ha il "potere di aprire o chiudere cioè, simbolicamente, di sciogliere o legare".
Secondo tali significati le chiavi venivano offerte al conquistatore dai rappresentati del governo locale cioè da coloro che, "custodendo" il potere della città, erano in grado di offrirlo al nuovo signore. Accettare l'offerta, di conseguenza, significava "legarsi" alla città e da quel momento tracciarne il destino.
Al ritorno da una vittoriosa spedizione a Tunisi, l'imperatore stabilì di fermarsi a visitare la città dove, giunta intanto la notizia, si organizzava una sontuosa accoglienza. A mezzogiorno del 25 novembre 1535 il corteo imperiale giunse in vista di Porta Capuana; il vicerè marchese di Villafranca, don Pedro Alvarez de Toledo, andò per primo ad accogliere Carlo V, seguito, poi, dal clero guidato dal cappellano maggiore del regno, monsignor Caracciolo.
Successivamente si fece incontro il Corpo degli Eletti della Città e tra essi il rappresentante del Seggio di Capuana, Ettore Minutolo, inginocchiatosi, pronunciò la prevista formula di saluto ed offrì le chiavi della città.
L'imperatore, visibilmente compiaciuto, ringraziò e dichiarò che ben conosceva la fedeltà di Napoli verso di lui e verso i suoi predecessori quindi restituì le simboliche chiavi al Minutolo affermando che era bene tornassero ad essere custodite da un così retto governo. Terminato l'atto formale di ossequio della città, Carlo V, rispettando il lungo e complesso cerimoniale, varcò la Porta Capuana e, percorrendo il centro cittadino, si diresse lentamente con tutto il corteggio verso Castel Nuovo.
Attraversato lo Stato Pontificio, l'esercito spagnolo in Italia comandato dal capitano generale duca di Montemar e posto agli ordini di don Carlos di Borbone, entra in territorio napoletano il 28 marzo 1734. Aveva così inizio la conquista, da parte del figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, dei regni di Napoli e di Sicilia: "la più bella corona d'Italia".
La resistenza da parte delle truppe austriache che occupavano quei territori fu scarsa ed il diciottenne don Carlos arrivò agevolmente a Maddaloni il 9 aprile.
In quella cittadina giunsero ad ossequiare l'Infante di Spagna il Corpo degli Eletti e alcuni deputati della Città di Napoli; dopo un pò di anticamera furono ammessi al baciamano del futuro re delle Due Sicilie ed a questi il principe di Centole, a nome della Città, rivolse l'ossequio: "... Queste, Altezza Reale, sono le chiavi della Città nostra, che a niuna mano più valorosa e più atta a difenderla ponno donarsi. Le riceva lietamente, ed in contrassegno di generoso gradimento umilissimamente la supplichiamo a confermarci tutte le Grazie e Privilegij che insino ad ora il nostro fe del servire ha meritato da' Serenissimi Re possessori di questo Regno...".
Su di un vassoio d'oro furono offerte le chiavi della Città insieme al Libro dei Privilegi. Don Carlos rispose benevolmente ma senza particolare slancio: "Io, per quello che il re ha determinato, ricevo nel mio proprio nome la vostra obbedienza e assicuro i vostri privilegi e la loro osservanza".
L'offerta formale era svolta ma, cosa più importante per la città, si era ottenuta la conferma delle grazie e dei privilegi di cui Napoli da tempo godeva.
Bernardo Leonardi
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