In quella lapide poche righe, due nomi, due date che demarcano un intervallo di tempo lungo tre anni e mezzo. Eppure, per definire quanto era avvenuto in quei tre anni e mezzo i contemporanei avevano coniato l'espressione "Grande Guerra".
Ma sia era ormai nel 1922 e la sintesi epigrafica espressa nella lapide sistemata sulla facciata del Palazzo di Città, forse ben rappresenta il clima di disagio che percorreva la nazione.
Dovuto ma chiaramente incidentale l'accenno alla trascorsa guerra: brevi citazioni dal proclama del re Vittorio Emanuele III ai soldati in occasione della dichiarazione di guerra all'Austria e dal Bollettino della Vittoria a firma del generale Armando Diaz. Evidente, invece, l'intento dell'Amministrazione comunale: affermare la cittadinanza napoletana del re (nato nel palazzo reale di Capodimonte) e dell'artefice della Vittoria (nato in uno egli edifici che allora attorniavano Castel Nuovo) chiamato proprio nel 1922 a ricoprire il dicastero della Guerra nel primo governo Mussolini.
Nell'incertezza di quei tempi la Città provava a mettersi al sicuro la tutela di due suoi eminenti figli.
La decorazione in bronzo posta sulla parte superiore della lapide presenta lo scudo dei Savoia, sormontato da corona reale, con ai lati l'emblema ovale dell'antico Seggio del Popolo e lo stemma della città di Napoli con corona turrita; a decoro rami di quercia e di alloro.
... il collare che circonda lo scudo reale sembra essere quello dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata (ordine dinastico di Casa Savoia) ma il pendente è, invece, quello dell'Ordine del Toson d'Oro!
... l'entusiasmo patriottico di colui che intagliò le epigrafi fece incorrere l'incisore in uno sbaglio... di distrazione; così, per la mancanza di una U, il proclama di Vittorio Emanuele III risulta diramato dal QARTIERE GENERALE!
... il famoso proclama del re portava la data 24 maggio 1915 mentre l'incisore lo datò 26, giorno in cui il sovrano partì da Roma per raggiungere il fronte.
Bernardo Leonardi
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