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Inaugurata al Maschio Angioino l'opera d'arte contemporanea "Lacrime di coccodrillo"
Dal 7 ottobre a Castel Nuovo
Dal 7 ottobre 2023 presso
le Prigioni di Castel Nuovo è possibile visitare l’installazione
artistica permanente Lacrime di coccodrillo di Francesco Vezzoli.
Un nuovo, imperdibile
appuntamento con Napoli contemporanea, la ricca programmazione di mostre
e installazioni voluta dal sindaco Gaetano Manfredi e curata da Vincenzo
Trione, consigliere del sindaco per l’arte contemporanea e l’attività
museale.
Progetti
speciali
Nel
luglio del 2022 il Comune di Napoli è risultato vincitore del "PAC2021 -
Piano per l'Arte Contemporanea", promosso dalla Direzione Generale
Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
L'artista Francesco
Vezzoli ha realizzato l'opera Lacrime di coccodrillo, ora esposta in
maniera permanente al Maschio Angioino nella sala delle Prigioni, che ha visto
terminati i lavori di manutenzione edile, impiantistica elettrica,
illuminotecnica e pulizie straordinarie, a cura della Napoli Servizi.
L’iniziativa
va ad implementare l'offerta culturale del museo civico di Castel Nuovo e a
valorizzare il legame tra le opere antiche della collezione e quelle
contemporanee.
L'installazione è l'espressione del connubio tra antico e
moderno e si lega, oltre che alla collezione del museo, alle origini mitiche e
leggendarie della città di Napoli, in continuità con il mito della sirena
Partenope, titolo dell'opera inizialmente proposto.
Si tratta della prima opera
realizzata nell’ambito dei Progetti speciali previsti per Napoli
contemporanea, un programma che mira ad arricchire la programmazione
culturale, promuovendo interventi in dialogo con la storia di Napoli,
impegnati anche ad affermare la vocazione contemporanea di questa città.
Il sindaco Gaetano
Manfredi: “Lacrime di Coccodrillo è l’opera di un grande artista che
si colloca perfettamente nel contesto e nella storia del Castel Nuovo. Il
coccodrillo, poi, fa parte dell’iconografia di questo luogo e della città. Come
amministrazione stiamo preparando un grande progetto di riqualificazione,
ristrutturazione e riorganizzazione del Maschio Angioino, che diventerà uno dei
grandi poli culturali in connessione con l’area archeologica, con la metropolitana
e l’apertura del sottopasso. Sono tutte importanti tappe del nostro percorso”.
Il consigliere per l’arte
contemporanea e l’attività museale Vincenzo Trione: “C’è un filo rosso
che accomuna tutti gli interventi che abbiamo realizzato, che è quello di pensare
opere in assoluto dialogo con i siti e con la storia di Napoli. L’opera di
Vezzoli diventa patrimonio della città, entra nella tradizione partenopea e la
reinterpreta, recuperando un pezzo del Maschio Angioino. Un’opera non
catapultata dall’alto ma concepita per questo spazio e per la storia della
città”.
L’artista Francesco
Vezzoli: “Il coccodrillo vorrebbe sbranare tra le sue faci una testa
originale che viene dagli scavi archeologici di Palmira e questo ha un
significato storico molto preciso, perché tutti sappiamo che in quel luogo sono
stati compiuti degli indicibili scempi. Ho deciso, dunque, di costruire una
metafora visiva del rispetto che dobbiamo avere per la storia e fare questo a
Napoli - che per l’archeologia occidentale è la città più importante d’Europa, e
forse anche del mondo - mi sembrava perfetto”.
Lacrime di coccodrillo (a cura di Vincenzo Trione)
La figura del coccodrillo è legata a una leggenda narrata in Miti e leggende napoletane da Benedetto Croce (1919). Si racconta che, nei sotterranei del Maschio Angioino di Napoli, si nascondesse un coccodrillo trasportato dall’Egitto dalla regina Giovanna II: il famelico alligatore era solito sbranare gli amanti della regina e i prigionieri rinchiusi nei sotterranei del castello. Questa vicenda è all’origine di Lacrime di coccodrillo, che fa parte della collezione permanente di Castel Nuovo.
Riprendendo motivi di una sua precedente installazione, realizzata nel 2021 per Piazza della Signoria a Firenze, intitolata Pietà – un monumentale leone rampante novecentesco installato su un basamento antico, che stritola tra le fauci una testa romana del II secolo d.C. – Vezzoli sperimenta qui un audace montaggio cronologico e materico: un coccodrillo in bronzo patinato (seconda metà del XX secolo) tiene nella sua bocca una testa di marmo (circa III secolo d. C.) proveniente da Palmira, sito archeologico siriano sottoposto, nel 2013, alle sistematiche e violente distruzioni del gruppo terrorista dello Stato Islamico.
Si tratta di un lavoro che conduce nel cuore di una poetica fondata su alcune parole-chiave: prelievo, adattamento, ri-uso. Intento a riaffermare con forza l’importanza dell’estasi dell’influenza, Vezzoli considera necessario il richiamo ai classici, che custodiscono la vita interiore dell’umanità. Non sono vicini a noi: siamo noi che dobbiamo entrare nella loro orbita e diventarne contemporanei.
E, tuttavia, Vezzoli predilige i sentieri laterali. In bilico tra rispetto e trasgressione, si affida alla strategia della distanza: avvicina a noi qualcosa di lontano, conservandolo però nella sua lontananza. Non si ferma alla contemplazione. Egli, invece, avvia un confronto disinibito con la memoria. Ripercorre le vestigia dei “padri”. E, al tempo stesso, le modifica. Decontestualizza arbitrariamente statue e rovine, proiettandosi così verso esiti allegorici.
Non di rado Vezzoli assume sculture antiche, che altera e integra con elementi aggiuntivi.
È quel che accade in Lacrime di coccodrillo.
Ne emerge una precisa filosofia del classico, inteso come figura che accoglie in sé antitesi: identità e alterità. Non geografia dell’incertezza, ma tempio di una nobile semplicità e di una tranquilla grandezza. Patrimonio da rimontare con ironia e leggerezza. Eredità da rifare. Non meta raggiunta, ma evento estraneo e sempre imprevisto, da riconquistare ogni giorno. Relitto ancora emozionante.
Evidenti le assonanze con le poetiche postmoderniste, ispirandosi alle quali Vezzoli sembra comportarsi come un deejay, abile nella manipolazione e nella ricombinazione di materiali già realizzati. Esperto nell’estetica del riciclo a oltranza e del download di forme. Pronto a re-mixare iconografie già esistenti. Disinvolto nel rivivere miti e leggende in una prospettiva priva di senso del tragico.