"Luminosissima e meravigliosa galleria coverta di cristalli...", una guida della metà dell'Ottocento con queste enfatiche espressioni descriveva il passaggio coperto che attraversava per tutta la lunghezza il palazzo dei Ministeri di Stato.
Era una sorta di corridoio lungo oltre 150 metri caratterizzato dalla soluzione architettonica di una copertura a vetri nei tratti "a cielo aperto". Una struttura in ferro era l'ossatura portante della tettoia a falde che, grazie alla trasparenza del vetro, consentiva di inondare di luce tutto il percorso.
Per adattarlo al dislivello di circa 7 metri e mezzo tra via Toledo e largo del Castello (l'attuale piazza del Municipio), nella sua lunghezza furono realizzati in totale 28 gradini; a metà circa del percorso, dal corridoio si aveva accesso alla Gran Sala della Borsa, sontuoso ambiente con volta a stucchi sorretta da otto colonne, pavimento in marmo e statua, realizzata da Antonio Calì, raffigurante Flavio Gioia.
Ma, a parte le soluzioni architettoniche e tecniche che anticipavano la costruzione delle gallerie napoletane di fine Ottocento (in ordine di tempo: galleria principe di Napoli e galleria Umberto I), colpiva il singolare colpo d'occhio che si offriva a chi varcava il portone della facciata a monte: come guardando attraverso un immaginario cannocchiale, si osservava un particolare scorcio della piazza e, ad animare quello sfondo, le figure in controluce di quanti passavano dinanzi al portone sul largo del Castello.
Chissà se era nelle intenzioni dei progettisti, ma durante un secolo di vita il luminoso corridoio-galleria divenne per i napoletani un luogo d'incontro e non solo.
Fu riferimento per appuntamenti d'affari, riparo dalla pioggia, confortevole spazio dove scambiare quattro chiacchiere durante il girovagare tra uffici ministeriali prima e municipali poi ma anche luogo dove provare a sbarcare il lunario per miseri venditori ambulanti e, addirittura, bazar.
Come raccontano cronache di inizio Novecento, una volta lungo il passaggio a vetri furono messi in vendita giocattoli e bambole che non avevano trovato posto nel mercatino di balocchi allestito per qualche festività nella zona dello Spirito Santo.
Dopo lo smembramento dell'insula di San Giacomo ed i lavori eseguiti negli anni Trenta del Novecento per la nuova sede del Banco di Napoli (vedi: il lato che fu), nel palazzo sopravvive - accessibile dallo spazio a piano terra tra le due ali dello scalone principale - solo una piccola parte dell' "andito (...) che coperto e luminoso (...) attraversa da un capo all'altro tutto il casamento..."
Tour virtuale nell'antico passaggio coperto
Bernardo Leonardi
Palazzo San Giacomo, piazza Municipio,
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del 17 maggio 2001- Redazione in Napoli
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