Comune di Napoli - Teatro Mercadante - Chie Chan e io al Teatro San Ferdinando
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Teatro Mercadante - Chie Chan e io al Teatro San Ferdinando

13 - 14 giugno 2008 | Teatro San Ferdinando, ore 20.00

Napoli Teatro Festival Italia / Mercadante Teatro Stabile di Napoli / Teatro Eliseo

CHIE-CHAN E IO
di Giorgio Amitrano

tratto dal romanzo di Banana Yoshimoto
commissione del Napoli Teatro Festival Italia
con Caterina Carpio, Alessia Giangiuliani, Pia Lanciotti, Guglielmo Menconi, Cinzia Spanò
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
luci Jean-Luc Chanonat
aiuto regia Agostino Riola
assistenti alle scene Claudia Castelli e Francesca Mottana
direttore di scena Brunito Lanzoni
capo elettricista Marco Catalucci
sarta Silvana Fraschetti
un particolare ringraziamento a FENDI per la gentile collaborazione
con il patrocinio della Fondazione Italia Giappone

Chie-Chan e Io, ultimo lavoro di Banana Yoshimoto, è un testo enigmatico. Attraverso il racconto di un avvenimento, un incidente d'auto non grave capitato alla cugina della protagonista, la scrittrice giapponese sviluppa un discorso sul tema del desiderio, o meglio, sul conflitto tra desideri materiali e quelli dell'"anima". E' il punto di partenza di un testo costruito come una ragnatela, un labirinto della mente in cui i pensieri si moltiplicano all'infinito. Per questo si è deciso di dare più voci al personaggio principale, in modo da permettergli di continuare ad interloquire con se stesso. La realizzazione del desiderio, sia materiale che spirituale, si attua durante l'attività onirica, la regia si appropria di questo dato per costruire uno spettacolo immerso in un'atmosfera da sogno. Gli avvenimenti, i pensieri, le contraddizioni che si susseguono in maniera caotica, confusa, senza logica realistica nella mente di Kaori, la protagonista, sono giustificati da una rappresentazione che procede come un sogno continuo, un sogno dentro il sogno. A volte effimero, come quello di una vita di lusso (molti sono gli episodi ambientati in ristoranti eleganti o nella moda) a volte inquieto e disarmante, riflesso delle paure che attanagliano l'individuo: la paura della solitudine, della malattia, della morte. Se il desiderio può risanare una frattura interiore, allora ciò che in questa storia va risanato è il senso di abbandono che provano i personaggi. L'abbandono da parte dei genitori. I personaggi della Yoshimoto sono eterni bambini persi nel tempo. Attraverso procedimenti narrativi non convenzionali, al limite dell'inverosimile, l'autrice mostra personaggi privi di radici familiari, orfani, figli di genitori immaginari o sostituiti da altre inquietanti presenze. L'ossessione di non essere mai stati generati fa nascere in loro il desiderio di ricostruire artificialmente una stabilità fisica ed emotiva. Ma questa stabilità si può raggiungere in due modi: o formando una nuova tipologia di famiglia, non costituita sui legami di sangue o sul matrimonio ma su affinità elettive, o cedendo alla seduzione dal mondo esterno, abitato da uomini sicuri, ricchi, potenti e dinamici. Da una parte quindi il mondo capitalistico e moderno, che non fa più i conti col proprio passato, dall'altro un rifugio, una tana dove la realtà si adatta alle necessità dell'io. Un rifugio fragile, commovente e allo stesso tempo inquietante, come i sempiterni bambini che lo abitano. Carmelo Rifici


 

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