Alle 5 del mattino del 3 ottobre 1935 scattò l'offensiva delle truppe italiane in Africa orientale, aveva inizio l'invasione dell'Etiopia. Un mese prima, dallo storico balcone di Palazzo Venezia, Mussolini aveva proclamato: "Con l'Etiopia abbiamo pazientato quarant'anni. Ora basta!".
Mentre tre corpi d'armata al comando del generale Emilio De Bono marciavano dal nord del paese verso Adua e Adigrat, la Società delle Nazioni condannava l'aggressione e votava l'embargo contro l'Italia. Erano le cosiddette sanzioni, il blocco commerciale attuato dal 18 novembre 1935 che impediva forniture di armi e munizioni e vietava l'importazione e l'esportazione di merci necessarie al proseguimento dell'azione bellica. Il governo fascista denunciò l'iniziativa della Società delle Nazioni come un perfido piano per "soffocare economicamente il popolo italiano" e approfittò dell'occasione per dare vita ad una poderosa azione di propaganda contro quei paesi che cercavano di strangolare la patria in guerra. Fu dichiarata l'autarchia: l'Italia avrebbe fatto affidamento solo sulla produzione interna.
Il Gran Consiglio del Fascismo dispose che "sulle Case dei Comuni d'Italia" fosse apposta una "pietra" a memoria delle "inique sanzioni"; l'iscrizione avrebbe testimoniato nel tempo l'indignazione contro le "nazioni plutocratiche" e esortato incessantemente all'orgoglio nazionalista.
Il modello della targa era unico: in marmo bianco, all'interno di una cornice sgusciata il campo con l'epigrafe, incisa e colorata in nero: 18 NOVEMBRE 1935 XIV / A RICORDO DELL'ASSEDIO / PERCHE' RESTI DOCUMENTATA NEI SECOLI / L'ENORME INGIUSTIZIA / CONSUMATA CONTRO L'ITALIA / ALLA QUALE / TANTO DEVE LA CIVILTA' / DI TUTTI I CONTINENTI. Ai lati fasci littori stilizzati e contrapposti. In città la lapide fu sistemata sul prospetto principale di Palazzo San Giacomo, a lato del portone maggiore in simmetria con quella che celebrava la vittoria della Grande Guerra.
La data del 18 novembre fu inclusa nella liturgia di regime e quando la nazione precipitò nel baratro di un nuovo conflitto mondiale, "l'annuale dell'assedio economico" fu utile per riaffermare il modello propagandistico del sacrificio animato dalla "certezza della vittoria". Durante le celebrazioni cittadine del 18 novembre, la gioventù militarizzata sfilava davanti a Palazzo San Giacomo e, prima di raggiungere la Casa del Fascio in via Medina, sostava innanzi alla lapide per ricordare "l'odiosa manovra sanzionista" sventata "dalla forza degli animi e delle armi italiane".
Alla caduta del regime fascista la lapide fu rimossa condividendo la sorte con quasi tutti gli altri esemplari sistemati sulle case comunali d'Italia.
Bernardo Leonardi
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